Decreto del Fare e prevenzione incendi

Con la legge di conversione del “Decreto del Fare”, sono state confermate le nuove disposizioni in materia di prevenzione incendi per le attività che sono in esercizio alla data del 7 ottobre 2011 e che da tale data rientrano per la prima volta nella normativa di semplificazione (*) della disciplina dei procedimenti di prevenzione incendi.

Dette attività devono adeguarsi alle disposizioni di prevenzione incendi entro il 6 ottobre 2014.

(*) Su questo punto possiamo parlarne …

I transpallets sono soggetti alle verifiche trimestrali periodiche ed alla relativa registrazione su un libretto?

Per analizzare gli obblighi dei transpallets partiamo dai carrelli elevatori.

I transpallet elettrici sono considerati meno critici dei carrelli elevatori con uomo a bordo, tant’è vero che per questi ultimi c’è obbligo di sorveglianza degli addetti rispetto all’uso di sostanze psicotrope e una obbligatoria formazione particolare (cd “patentino carrellista”). Per i transpallet la sorveglianza sanitaria è al più quella dell’addetto magazziniere / addetto logistica e la formazione è fatta essenzialmente mediante addestramento, ma non codificata da alcun accordo specifico.

Il D. Lgs. 81/08 (testo unico) all´art. 71, in combinazione con l´allegato VI, conferma obbligo di verifica periodica, a cadenza trimestrale se non diversamente stabilito dal costruttore, con registrazione della avvenuta esecuzione, per gli apparecchi di sollevamento dei carichi (es. carroponte).

Fra tali macchine non sono ricompresi i carrelli elevatori che quindi non sono soggetti all´obbligo di verifica periodica trimestrale di catene o funi.

Naturalmente è confermato dalla stessa norma (art. 71, comma 2) l´obbligo di manutenzione e controlli atti a garantire nel tempo i requisiti di sicurezza del carrello elevatore.

In sintesi le funi e le catene dei carrelli devono essere controllate e verificate senza vincoli di periodicità e senza onere della registrazione degli avvenuti controlli; ciò che conta è garantire la sicurezza del macchinario.

(questa risposta – riportata in corsivo – è data da PREVENZIO.NET – sito di ASL / CCIAA Modena / Ass. Imprese)

Anche per i transpallets comunque valgono le considerazioni su funi e catene, NON soggette a obbligo di verifica trimestrale e registrazione su apposito libretto.

Ricordiamoci però che occorre assicurare la manutenzione della attrezzatura di lavoro. I fabbricanti, talvolta (!) – per stare tranquilli scrivono nei loro Manuali di Uso e Manutenzione che la manutenzione va fatta tutti i mesi, o tutti i giorni o ogni tre mesi, e che va fatta in un certo modo, e semmai che va fatta con il loro servizio di assistenza ufficiale.

Certamente devo fare manutenzione in modo da avere il mezzo efficiente e sicuro, ma non è obbligatorio avere un contratto di manutenzione, anche se in qualche caso potrebbe essere comodo per semplificarsi la gestione interna, semmai con formule convenienti in caso di rottura di determinati componenti.

L’avere un programma di manutenzione pianificato e un contratto può invece essere utile per un eventuale richiesta di sconto sui contributi previdenziali (vedi il “solito” bando INAIL di inizio anno – Modello OT24, che assegna dei punti in presenza di pianificazione degli interventi di manutenzione e presenza di uno specifico contratto di manutenzione).

Andamento degli infortui nel 2012 – dal sito www.INAIL.it

Da: http://www.inail.it/

Nel 2012 meno di 500mila infortuni sul lavoro: il calo è di oltre l’11 per cento

Su 745mila denunce pervenute e sottoposte a istruttoria, l’Inail ha riconosciuto 496.097 casi di infortunio sul lavoro. Per i casi mortali, sono 790 quelli effettivamente accertati (-8,78%) su 1.296 denunce ricevute. I dati nella Relazione del presidente dell’Istituto De Felice, illustrata a Montecitorio alla presenza del vicepresidente della Camera Sereni e del ministro Giovannini

ROMA – Le denunce pervenute all’Inail entro il 30 aprile 2013 relative a infortuni accaduti nel 2012 sono state 744.916: il dato registra una diminuzione dell’8,89% sul 2011 e del 23% sul 2008. Tra le denunce pervenute, quelle positivamente riconosciute dall’Istituto come casi di infortunio sul lavoro sono risultate 496.079: l’11,34% in meno rispetto allo stesso dato dell’anno precedente (quando i casi sono stati 559.504).

Per quanto riguarda gli episodi mortali, le denunce pervenute entro la stessa data e relative al 2012 sono state 1.296 (-5,19%): 790 di queste sono state effettivamente accertate dall’Inail come infortuni sul lavoro: un decremento dell’8,78% rispetto agli 866 casi mortali dell’anno precedente.

Questi alcuni dei principali dati illustrati oggi dal presidente dell’Istituto, Massimo De Felice, in occasione della presentazione della Relazione annuale 2012 presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, a Roma. Presenti il vicepresidente della Camera dei deputati, Marina Sereni, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini.

Casi mortali accertati: -27% dal 2008. Nel contesto degli infortuni accertati 428.960 sono risultati in occasione di lavoro, a fronte di 67.119 “in itinere” (ovvero, quelli occorsi ai lavoratori ad esempio durante il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione al luogo di lavoro). Da segnalare come, nel complesso, più del 18% dei 496.079 infortuni totali si sia verificato al di fuori dell’azienda, “con mezzo di trasporto” (22.792) o – come già segnalato –in itinere. Anche per quanto riguarda i 790 decessi accertati, un’alta percentuale (più del 50%, pari a 409 casi) si è verificato fuori dell’azienda, avendo come principale “scenario” la strada (una distinzione, quella della localizzazione, rilevante per meglio giudicare e calibrare le politiche di prevenzione). I dati segnalano – come per il fenomeno infortunistico complessivo – la persistenza di un andamento decrescente: se anche i 25 casi ancora in istruttoria fossero tutti riconosciuti sul lavoro si avrebbe, infatti, una riduzione comunque consistente rispetto al 2011 – che si attesterebbe al 6% – e del 27% rispetto al 2008.

Oltre 680 morti nell’industria e servizi. Nello specifico delle gestioni assicurative, 393.663 infortuni accertati hanno interessato l’industria e servizi (682 dei quali con esito mortale), 34.151 l’agricoltura (98 mortali) e 68.265 sono stati “per conto dello Stato” (10 mortali).

Quasi 165mila le donne infortunate. Le specificità di genere segnalano 331.086 infortuni accertati a danno di lavoratori (726 con esito mortale) e 164.993 a danno di lavoratrici (64 gli episodi mortali).

A carico dell’Inail 12 milioni di giornate di inabilità. Malgrado il sottolineato miglioramento generale, resta comunque alto il costo della non sicurezza pagato non solo dai singoli lavoratori, ma dall’intero Paese. Gli infortuni sul lavoro hanno causato, infatti, più di 12 milioni di giornate di inabilità con costo a carico dell’Inail: in media 80 giorni per infortuni che hanno provocato menomazione e 19 giorni in assenza di menomazione.

Riconosciuta la causa professionale al 37% delle denunce di malattia. Per quanto concerne le denunce di malattie, queste sono state circa 47mila e 500 (1.000 in meno rispetto al 2011), con un aumento di quasi il 51% rispetto al 2008. Ne è stata riconosciuta la causa professionale a circa il 37%, mentre il 3% è ancora “in istruttoria”. È importante notare che le denunce riguardano le malattie e non i soggetti ammalati, che sono circa 36mila e 300 (un singolo lavoratore, cioè, può essere soggetto a più patologie correlate).

Malattie d’amianto: 1.540 casi protocollati per 348 morti nell’anno in corso. Sempre sul fronte delle malattie professionali, l’andamento degli esiti mortali per anno di competenza è in costante decrescita: sono stati 1.583 nel 2012 (il 27% in meno rispetto al 2008) e il 94% ha interessato la gestione “industria e servizi”. L’analisi per classi di età mostra che – al momento della morte – il 62% delle persone interessare aveva un’età maggiore di 74 anni. Riguardo alle denunce di patologie asbesto-correlate protocollate dall’Inail nel 2012, ne sono state riconosciute 1.540: tra queste, nell’anno 348 casi hanno avuto esito mortale.

… nuove semplificazioni per le imprese: circolazione su strada dei carrelli elevatori

Abbiamo letto in questi giorni con il “Decreto del Fare” quante fantastiche semplificazioni stanno per interessare il nostro Stato e in particolare Cittadini e Imprese.

Bene! eccone un altra!

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con nota n. 14906 del 10 giugno 2013, è intervenuto in materia di circolazione dei carrelli elevatori di cui all’art. 58, comma 2, lett. c) del Codice della Strada. In applicazione alle regole generali del C.d.S. i carrelli elevatori possono circolare su strada solamente se sono immatricolati.

Infatti l’art. 14, comma 2, del C.d.S. stabilisce che le macchine operatrici per circolare su strada sono soggette ad immatricolazione.

Pertanto, non è possibile chiedere le autorizzazioni di validità annuale per circolazione su strada dei carrelli elevatori, come un tempo previsto dal decreto ministeriale 28 dicembre 1989, attuativo di una legge del 1982 che ammetteva la circolazione saltuaria su strade aperte al traffico anche per le macchine operatrici non immatricolate.

Quanti carrelli elevatori immatricolati avete mai visto?

Avanti pure …

Cassazione: il privato risponde dell’infortunio e morte dell’operaio che lavora in casa

Dal momento che non sono molto convincente quando parlo con dei privati e li informo delle loro precise responsabilità come committenti, dopo aver pubblicato la chiara Guida predisposta dalla ANCI di L’Aquila, adesso vi giro anche questa sentenza.

La cosa che però mi stupisce di più è che nessuno si ponga innanzitutto la questione ETICA e MORALE della sicurezza di una persona che chiamano a lavorare a casa propria. “Saprà ben fare il suo mestiere no? e io cosa c’entro se lui cade dal tetto?”. Meditate gente, meditate.

La Cassazione, IV Sezione Penale, con la sentenza n. 42465 del 1° dicembre 2010 ha affermato la responsabilità penale del privato, nel caso in caso l’operaio da lui incaricato, in assenza di qualsiasi cautela relativa alla sicurezza, muoia in occasione del lavoro assunto.
Nella sentenza in oggettto, il privato ricorreva in Cassazione contro la precedente sentenza del tribunale di appello, con le quali si condannava lo stesso alla pena della reclusione di otto mesi, perchè, in qualità di committente di lavori edili da svolgersi nella sua abitazione, consentiva all’operaio da lui incaricato, di svolgere il lavoro, in assenza di qualsiasi cautela volta a scongiurare pericoli di caduta (da una altezza di tre metri); sicchè lo stesso operaio, cadendo dall’impalcatura senza protezioni e senza indossare la cintura di sicurezza, moriva.
Secondo la Suprema Corte, in materia di sicurezza sul lavoro, il privato committente ha una “posizione di garanzia” nei confronti del lavoratore autonomo di non verificata professionalità e in assenza di qualsiasi apprestamento di presidi anticaduta a fronte di lavorazioni in quota superiore ai metri due”. Deve essere considerata errata la tesi secondo la quale “in caso di prestazione autonoma (d’opera) il lavoratore autonomo sia comunque l’unico responsabile della sicurezza”.
Inoltre la Corte, individua nel decreto legislativo 626, del 1994, il sistema più ampio di tutela a garanzia della salute dei lavoratori; specificando che, seppur tale normativa sia tarata sul lavoro dipendente, trova applicazione anche nelle ipotesi di lavoratori impiegati da imprese appaltatrici e, di lavoratori autonomi.
Infine la Corte, richiamandosi alla precedente giurisprudenza riafferma il principio per cui: “chiunque gestisce cantieri, opifici etc, oltre all’obbligo di garanzia relativo ai dipendenti dell’imprenditore o, comunque presenti su un cantiere per motivi di lavoro, ha un ulteriore obbligo di garanzia verso chiunque a vario titolo acceda agli impianti; obbligazione correlata agli obblighi specifici di sicurezza che cautelano le attività organizzate ma anche, agli obblighi generali di non esporre nessuno a rischi generici o ambientali, derivati per legge, dall’attività del soggetto gravato per legge, per contratto o per assunzione di fatto, dall’obbligo di garanzia”.

Nessun risarcimento in caso di mancato utilizzo delle misure di protezione per comportamento imprevedibile del lavoratore

Nessun risarcimento del datore di lavoro in caso di mancato utilizzo delle misure di protezione per comportamento imprevedibile del lavoratore.

Non ha nessun obbligo risarcitorio il datore di lavoro nei confronti dell’operaio che al momento dell’infortunio non usava gli strumenti di protezione del kit di sicurezza consegnatogli all’inizio della lavorazione. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la Sentenza del 11/04/2013, n. 8861.
La responsabilità del datore di lavoro sussiste qualora l’infortunio, pur dipeso da un’imprudenza del dipendente, si sarebbe potuto prevedere o evitare se il datore avesse adottato misure di prevenzione adeguate (ad esempio segnalando la pericolosità di alcuni impianti). La responsabilità del datore di lavoro viene meno, però, quando l’infortunio sia interamente riconducibile ad una condotta imprevedibile del lavoratore che presenti i caratteri dell’abnormità e dell’inopinabilità assoluta; se il dipendente ha indossato l’attrezzatura anti infortunistica ma poi l’ha tolta nel corso della prestazione lavorativa nessuna responsabilità può essere attribuita al datore di lavoro.
Nel caso in esame la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un lavoratore contro la sentenza con cui i giudici di merito avevano escluso il diritto al risarcimento del danno per l’infortunio nel quale aveva riportato postumi invalidanti. Il sinistro si era verificato quando il lavoratore stava eseguendo una trapanazione durante la quale la punta del trapano utilizzato si era rotta ed una scheggia di metallo aveva colpito l’occhio del lavoratore che, sfuggito alla sorveglianza del capo officina, si era tolto gli occhiali.
Tale comportamento, come si legge nella sentenza, è ritenuto idoneo ad escludere ogni responsabilità datoriale, reputandosi non ragionevolmente pretendibile che la vigilanza dovesse estendersi all’accertamento costante, da parte del datore di lavoro, che venissero osservate le disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro.

Radiazioni ottiche naturali

Si è fatto sinora un gran parlare di radiazioni ottiche artificiali (per gli amici: ROA) ma non ci dobbiamo certo dimenticare di quelle di origine naturale (si chiameranno RON?).

Lo spunto per ricordarcelo ce lo da il PAF – Portale Agenti Fisici che in una sua nota richiama l’attenzione sul tema. Sul sito del PAF troviamo numerosi elementi utili per comprendere il problema e adottare le misure di prevenzione e protezione necessarie. http://www.portaleagentifisici.it/fo_ro_naturali_index.php?&lg=IT

“Le più autorevoli organizzazioni internazionali (ICNIRP, ILO, WHO) e nazionali (Istituto Superiore si Sanità) preposte alla tutela della salute e della sicurezza  e gli  studi epidemiologici  condotti in ambito internazionale concordano nel considerare la radiazione ultravioletta solare  un rischio di natura professionale per tutti i lavoratori che lavorano all’aperto (lavoratori outdoor) elencati a titolo indicativo- nelle tabelle 1 e 2, da valutare e prevenire  alla stregua di tutti gli altri rischi (chimici, fisici, biologici) presenti nell’ambiente di lavoro. In particolare per tali lavoratori sono da tempo individuate  e caratterizzate molte patologie fotoindotte,  i cui organi bersaglio sono pelle ed  occhi. La principale patologia fotoindotta è senz’altro il cancro della pelle.”

Quindi, avvicinandosi la bella stagione, valutiamo anche questo aspetto e prepariamo occhiali, abbigliamento adeguato e … creme solari.

Per le ROA ricordiamo che siamo adeguatamente preparati ad effettuare le valutazioni in ambito industriale in diverse attività, tra le quali: saldatura, materiali metalli fusi, lampade IR e UV, sistemi di indagine non distruttiva, eccetera.

Valutazione del rischio cancerogeno per attività in laboratori di analisi di prodotti

QUESITO

Il caso che si presenta spesso è quello dei laboratori di analisi (industrie alimentari, biomedicali, farmaceutiche, ad esempio) in cui si usano necessariamente (essendo talvolta previsti da specifiche ed obbligatorie metodiche di analisi) piccole quantità di sostanze cancerogene, per lo più reagenti.

L’uso di questi prodotti è ovviamente effettuato da personale altamente qualificato, sotto cappa e con adeguati DPI, nonché in quantità estremamente limitata e non quotidianamente.

Di norma non sono presenti campionamenti ambientali né personali, che peraltro potrebbero verosimilmente portare ad un esito di “non rilevabilità”.

Abbiamo visto la vs. risposta del Maggio 2012 al tema “Agenti cancerogeni e tenuta del registro degli esposti”.

Chiediamo se alla luce delle modalità sopra operative indicate sia necessario:

– effettuare dei campionamenti

– attivare il registro degli esposti

oppure

– valutare il rischio come presente ma non significativo e quindi non attivare il registro, pur con la predisposizione di procedure operative sia per la condizione ordinaria (uso) sia per eventuali operazioni non ordinarie (es. rottura dei contenitori o spandimento e successiva bonifica).

 RISPOSTA AUSL

1) Fra le proprietà tossicologiche per cui si valuta il rischio da agenti chimici pericolosi per la salute di cui al Titolo IX Capo I D. Lgs. 81/08 non vi sono le proprietà cancerogene e/o mutagene di categoria 1 e 2 (o 1A o 1B secondo i criteri del Regolamento (CE) N.1272/2008 o CLP), le quali vengono considerate esclusivamente nell’ambito Titolo IX Capo II D. Lgs. 81/08.

2) Per l’esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni non è giuridicamente possibile individuare una soglia del rischio al di sotto della quale il rischio risulti irrilevante per la salute.

3) Per gli agenti cancerogeni e/o mutageni, quando si parla di valutazione del rischio in realtà ci si riferisce sempre ad una valutazione dell’esposizione e pertanto è indispensabile eseguire una misurazione dell’esposizione personale (inalatoria e/o cutanea) e/o un misurazione biologica (monitoraggio biologico in presenza di metaboliti o indicatori di effetto o agenti chimici misurabili in appropriato mezzo biologico).

Gestione delle linee vita e dei sistemi di ancoraggio in copertura

Si stanno iniziando a diffondere sulle coperture delle aziende le linee vita ed i dispositivi di ancoraggio. Come tutti i dispositivi di sicurezza, oltre a dover essere realizzati in modo conforme, serve che essi siano sottoposti a periodiche verifiche di efficienza.

Indichiamo di seguito i principali punti per una loro gestione in sicurezza nel tempo.

1) il lavoratore che utilizza i dispositivi deve sempre fare una sorveglianza visiva e segnalare le anomalie al Datore di Lavoro che contatterà la ditta installatrice per le operazioni di ripristino e manutenzione

2) i controlli sono indicati nel libretto di uso e sono per lo più visivi (alcune norme UNI dicono ogni 6 mesi per certi tipi di ancoraggi)

3) i controlli vanno eseguiti da personale qualificato (come nel caso degli estintori la norma non prevede l’obbligo di frequenza di corsi specifici). Le modalità di verifica devono essere attentamente rispettate in quanto un controllo effettuato con troppo carico può danneggiare il sistema di ancoraggio, mentre uno con poco carico non ha nessun significato

4) chi esegue i controlli deve rilasciare adeguata evidenza dell’esito positivo della verifica, specificando quali controlli sono stati eseguiti e quali eventuali interventi di manutenzione e ripristino sono stati fatti

Seminario INAIL “A Modena la sicurezza sul lavoro, in pratica”

Segnaliamo che INAIL Modena ha organizzato per il giorno 19 Febbraio 2013 dalle ore 9,00, presso la Camera di Commercio di Modena in Via Ganaceto 134 – Modena il Seminario:

Studio, ricerca, sperimentazione, a sostegno delle aziende nell’applicazione della normativa di sicurezza

L’iscrizione si effettua on line all’indirizzo: www.modenasicurezza.cris.unimore.it
La partecipazione al seminario è valida ai fini dell’aggiornamento per RSPP e ASPP in base al T.U. 81/2008

Il Seminario sintetizzerà il lavoro di studio, ricerca e sperimentazione svolto nell’ambito del progetto “A Modena la sicurezza sul lavoro, in pratica”, con particolare riferimento a:

  • procedure standardizzate
  • attività svolta dal laboratorio per l’edilizia 
  • spazi confinati
  • i nuovi finanziamenti ISI 2013
  • l’Accordo Stato Regioni sulla formazione

Invito Seminario 19 febbraio