Decreto del Fare e prevenzione incendi

Con la legge di conversione del “Decreto del Fare”, sono state confermate le nuove disposizioni in materia di prevenzione incendi per le attività che sono in esercizio alla data del 7 ottobre 2011 e che da tale data rientrano per la prima volta nella normativa di semplificazione (*) della disciplina dei procedimenti di prevenzione incendi.

Dette attività devono adeguarsi alle disposizioni di prevenzione incendi entro il 6 ottobre 2014.

(*) Su questo punto possiamo parlarne …

I transpallets sono soggetti alle verifiche trimestrali periodiche ed alla relativa registrazione su un libretto?

Per analizzare gli obblighi dei transpallets partiamo dai carrelli elevatori.

I transpallet elettrici sono considerati meno critici dei carrelli elevatori con uomo a bordo, tant’è vero che per questi ultimi c’è obbligo di sorveglianza degli addetti rispetto all’uso di sostanze psicotrope e una obbligatoria formazione particolare (cd “patentino carrellista”). Per i transpallet la sorveglianza sanitaria è al più quella dell’addetto magazziniere / addetto logistica e la formazione è fatta essenzialmente mediante addestramento, ma non codificata da alcun accordo specifico.

Il D. Lgs. 81/08 (testo unico) all´art. 71, in combinazione con l´allegato VI, conferma obbligo di verifica periodica, a cadenza trimestrale se non diversamente stabilito dal costruttore, con registrazione della avvenuta esecuzione, per gli apparecchi di sollevamento dei carichi (es. carroponte).

Fra tali macchine non sono ricompresi i carrelli elevatori che quindi non sono soggetti all´obbligo di verifica periodica trimestrale di catene o funi.

Naturalmente è confermato dalla stessa norma (art. 71, comma 2) l´obbligo di manutenzione e controlli atti a garantire nel tempo i requisiti di sicurezza del carrello elevatore.

In sintesi le funi e le catene dei carrelli devono essere controllate e verificate senza vincoli di periodicità e senza onere della registrazione degli avvenuti controlli; ciò che conta è garantire la sicurezza del macchinario.

(questa risposta – riportata in corsivo – è data da PREVENZIO.NET – sito di ASL / CCIAA Modena / Ass. Imprese)

Anche per i transpallets comunque valgono le considerazioni su funi e catene, NON soggette a obbligo di verifica trimestrale e registrazione su apposito libretto.

Ricordiamoci però che occorre assicurare la manutenzione della attrezzatura di lavoro. I fabbricanti, talvolta (!) – per stare tranquilli scrivono nei loro Manuali di Uso e Manutenzione che la manutenzione va fatta tutti i mesi, o tutti i giorni o ogni tre mesi, e che va fatta in un certo modo, e semmai che va fatta con il loro servizio di assistenza ufficiale.

Certamente devo fare manutenzione in modo da avere il mezzo efficiente e sicuro, ma non è obbligatorio avere un contratto di manutenzione, anche se in qualche caso potrebbe essere comodo per semplificarsi la gestione interna, semmai con formule convenienti in caso di rottura di determinati componenti.

L’avere un programma di manutenzione pianificato e un contratto può invece essere utile per un eventuale richiesta di sconto sui contributi previdenziali (vedi il “solito” bando INAIL di inizio anno – Modello OT24, che assegna dei punti in presenza di pianificazione degli interventi di manutenzione e presenza di uno specifico contratto di manutenzione).

Andamento degli infortui nel 2012 – dal sito www.INAIL.it

Da: http://www.inail.it/

Nel 2012 meno di 500mila infortuni sul lavoro: il calo è di oltre l’11 per cento

Su 745mila denunce pervenute e sottoposte a istruttoria, l’Inail ha riconosciuto 496.097 casi di infortunio sul lavoro. Per i casi mortali, sono 790 quelli effettivamente accertati (-8,78%) su 1.296 denunce ricevute. I dati nella Relazione del presidente dell’Istituto De Felice, illustrata a Montecitorio alla presenza del vicepresidente della Camera Sereni e del ministro Giovannini

ROMA – Le denunce pervenute all’Inail entro il 30 aprile 2013 relative a infortuni accaduti nel 2012 sono state 744.916: il dato registra una diminuzione dell’8,89% sul 2011 e del 23% sul 2008. Tra le denunce pervenute, quelle positivamente riconosciute dall’Istituto come casi di infortunio sul lavoro sono risultate 496.079: l’11,34% in meno rispetto allo stesso dato dell’anno precedente (quando i casi sono stati 559.504).

Per quanto riguarda gli episodi mortali, le denunce pervenute entro la stessa data e relative al 2012 sono state 1.296 (-5,19%): 790 di queste sono state effettivamente accertate dall’Inail come infortuni sul lavoro: un decremento dell’8,78% rispetto agli 866 casi mortali dell’anno precedente.

Questi alcuni dei principali dati illustrati oggi dal presidente dell’Istituto, Massimo De Felice, in occasione della presentazione della Relazione annuale 2012 presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, a Roma. Presenti il vicepresidente della Camera dei deputati, Marina Sereni, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini.

Casi mortali accertati: -27% dal 2008. Nel contesto degli infortuni accertati 428.960 sono risultati in occasione di lavoro, a fronte di 67.119 “in itinere” (ovvero, quelli occorsi ai lavoratori ad esempio durante il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione al luogo di lavoro). Da segnalare come, nel complesso, più del 18% dei 496.079 infortuni totali si sia verificato al di fuori dell’azienda, “con mezzo di trasporto” (22.792) o – come già segnalato –in itinere. Anche per quanto riguarda i 790 decessi accertati, un’alta percentuale (più del 50%, pari a 409 casi) si è verificato fuori dell’azienda, avendo come principale “scenario” la strada (una distinzione, quella della localizzazione, rilevante per meglio giudicare e calibrare le politiche di prevenzione). I dati segnalano – come per il fenomeno infortunistico complessivo – la persistenza di un andamento decrescente: se anche i 25 casi ancora in istruttoria fossero tutti riconosciuti sul lavoro si avrebbe, infatti, una riduzione comunque consistente rispetto al 2011 – che si attesterebbe al 6% – e del 27% rispetto al 2008.

Oltre 680 morti nell’industria e servizi. Nello specifico delle gestioni assicurative, 393.663 infortuni accertati hanno interessato l’industria e servizi (682 dei quali con esito mortale), 34.151 l’agricoltura (98 mortali) e 68.265 sono stati “per conto dello Stato” (10 mortali).

Quasi 165mila le donne infortunate. Le specificità di genere segnalano 331.086 infortuni accertati a danno di lavoratori (726 con esito mortale) e 164.993 a danno di lavoratrici (64 gli episodi mortali).

A carico dell’Inail 12 milioni di giornate di inabilità. Malgrado il sottolineato miglioramento generale, resta comunque alto il costo della non sicurezza pagato non solo dai singoli lavoratori, ma dall’intero Paese. Gli infortuni sul lavoro hanno causato, infatti, più di 12 milioni di giornate di inabilità con costo a carico dell’Inail: in media 80 giorni per infortuni che hanno provocato menomazione e 19 giorni in assenza di menomazione.

Riconosciuta la causa professionale al 37% delle denunce di malattia. Per quanto concerne le denunce di malattie, queste sono state circa 47mila e 500 (1.000 in meno rispetto al 2011), con un aumento di quasi il 51% rispetto al 2008. Ne è stata riconosciuta la causa professionale a circa il 37%, mentre il 3% è ancora “in istruttoria”. È importante notare che le denunce riguardano le malattie e non i soggetti ammalati, che sono circa 36mila e 300 (un singolo lavoratore, cioè, può essere soggetto a più patologie correlate).

Malattie d’amianto: 1.540 casi protocollati per 348 morti nell’anno in corso. Sempre sul fronte delle malattie professionali, l’andamento degli esiti mortali per anno di competenza è in costante decrescita: sono stati 1.583 nel 2012 (il 27% in meno rispetto al 2008) e il 94% ha interessato la gestione “industria e servizi”. L’analisi per classi di età mostra che – al momento della morte – il 62% delle persone interessare aveva un’età maggiore di 74 anni. Riguardo alle denunce di patologie asbesto-correlate protocollate dall’Inail nel 2012, ne sono state riconosciute 1.540: tra queste, nell’anno 348 casi hanno avuto esito mortale.

… nuove semplificazioni per le imprese: circolazione su strada dei carrelli elevatori

Abbiamo letto in questi giorni con il “Decreto del Fare” quante fantastiche semplificazioni stanno per interessare il nostro Stato e in particolare Cittadini e Imprese.

Bene! eccone un altra!

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con nota n. 14906 del 10 giugno 2013, è intervenuto in materia di circolazione dei carrelli elevatori di cui all’art. 58, comma 2, lett. c) del Codice della Strada. In applicazione alle regole generali del C.d.S. i carrelli elevatori possono circolare su strada solamente se sono immatricolati.

Infatti l’art. 14, comma 2, del C.d.S. stabilisce che le macchine operatrici per circolare su strada sono soggette ad immatricolazione.

Pertanto, non è possibile chiedere le autorizzazioni di validità annuale per circolazione su strada dei carrelli elevatori, come un tempo previsto dal decreto ministeriale 28 dicembre 1989, attuativo di una legge del 1982 che ammetteva la circolazione saltuaria su strade aperte al traffico anche per le macchine operatrici non immatricolate.

Quanti carrelli elevatori immatricolati avete mai visto?

Avanti pure …

La formazione dei lavoratori e il ruolo dell’RSPP

Ricordiamo alle aziende che gli obblighi di formazione dei lavoratori sono ora disciplinati da precise modalità
Per questo vi rimandiamo ai numerosi articoli e commenti pubblicati sul nostro sito www.norsaq.it
Vi vogliamo solo dire che la formazione è costituita da:
– una parte generale, uguale per tutti, di 4 ore
– una parte specifica, di durata variabile da 4 a 12 ore, diversa per i rischi presenti nella propria azienda.

Segnaliamo invece come importante il seguente aspetto.

Recentemente in un’azienda è stata contestata da un Ente di Controllo la formazione che è stata fatta:

– senza progettazione

– senza aver consultato il RLS

la legge prevede come specifica attribuzione dell’RLS quella  di essere consultato sul tema

Articolo 50 – Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione,
programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di
prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di
prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli
impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall’articolo 37;
h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la
salute e l’integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di
norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all’articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi
adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la
sicurezza e la salute durante il lavoro.

– senza aver consultato e fatto partecipare il RSPP

la legge prevede come specifico compito dell’RSPP quello di organizzare la informazione e formazione

Articolo 33 – Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la
sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica
conoscenza dell’organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i
sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione
periodica di cui all’articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36.

– senza che i docenti avessero conoscenza dei rischi presenti in azienda
– senza che i materiali dati ai discenti (dispense) e/o le slide fossero predisposte sulla base delle reali situazioni aziendali
e su altri aspetti

Tutto ciò potendo portare a ritenere come NON valida anche la formazione fatta.

Insomma:
se l’RSPP non viene coinvolto, l’RSPP non può essere poi chiamato in causa su come viene trattata la formazione
nè può giustificare nei confronti dell’ente di controllo modalità progettuali ed esecutive della formazione, alle quali non ha partecipato.

Cassazione: il privato risponde dell’infortunio e morte dell’operaio che lavora in casa

Dal momento che non sono molto convincente quando parlo con dei privati e li informo delle loro precise responsabilità come committenti, dopo aver pubblicato la chiara Guida predisposta dalla ANCI di L’Aquila, adesso vi giro anche questa sentenza.

La cosa che però mi stupisce di più è che nessuno si ponga innanzitutto la questione ETICA e MORALE della sicurezza di una persona che chiamano a lavorare a casa propria. “Saprà ben fare il suo mestiere no? e io cosa c’entro se lui cade dal tetto?”. Meditate gente, meditate.

La Cassazione, IV Sezione Penale, con la sentenza n. 42465 del 1° dicembre 2010 ha affermato la responsabilità penale del privato, nel caso in caso l’operaio da lui incaricato, in assenza di qualsiasi cautela relativa alla sicurezza, muoia in occasione del lavoro assunto.
Nella sentenza in oggettto, il privato ricorreva in Cassazione contro la precedente sentenza del tribunale di appello, con le quali si condannava lo stesso alla pena della reclusione di otto mesi, perchè, in qualità di committente di lavori edili da svolgersi nella sua abitazione, consentiva all’operaio da lui incaricato, di svolgere il lavoro, in assenza di qualsiasi cautela volta a scongiurare pericoli di caduta (da una altezza di tre metri); sicchè lo stesso operaio, cadendo dall’impalcatura senza protezioni e senza indossare la cintura di sicurezza, moriva.
Secondo la Suprema Corte, in materia di sicurezza sul lavoro, il privato committente ha una “posizione di garanzia” nei confronti del lavoratore autonomo di non verificata professionalità e in assenza di qualsiasi apprestamento di presidi anticaduta a fronte di lavorazioni in quota superiore ai metri due”. Deve essere considerata errata la tesi secondo la quale “in caso di prestazione autonoma (d’opera) il lavoratore autonomo sia comunque l’unico responsabile della sicurezza”.
Inoltre la Corte, individua nel decreto legislativo 626, del 1994, il sistema più ampio di tutela a garanzia della salute dei lavoratori; specificando che, seppur tale normativa sia tarata sul lavoro dipendente, trova applicazione anche nelle ipotesi di lavoratori impiegati da imprese appaltatrici e, di lavoratori autonomi.
Infine la Corte, richiamandosi alla precedente giurisprudenza riafferma il principio per cui: “chiunque gestisce cantieri, opifici etc, oltre all’obbligo di garanzia relativo ai dipendenti dell’imprenditore o, comunque presenti su un cantiere per motivi di lavoro, ha un ulteriore obbligo di garanzia verso chiunque a vario titolo acceda agli impianti; obbligazione correlata agli obblighi specifici di sicurezza che cautelano le attività organizzate ma anche, agli obblighi generali di non esporre nessuno a rischi generici o ambientali, derivati per legge, dall’attività del soggetto gravato per legge, per contratto o per assunzione di fatto, dall’obbligo di garanzia”.

Nessun risarcimento in caso di mancato utilizzo delle misure di protezione per comportamento imprevedibile del lavoratore

Nessun risarcimento del datore di lavoro in caso di mancato utilizzo delle misure di protezione per comportamento imprevedibile del lavoratore.

Non ha nessun obbligo risarcitorio il datore di lavoro nei confronti dell’operaio che al momento dell’infortunio non usava gli strumenti di protezione del kit di sicurezza consegnatogli all’inizio della lavorazione. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la Sentenza del 11/04/2013, n. 8861.
La responsabilità del datore di lavoro sussiste qualora l’infortunio, pur dipeso da un’imprudenza del dipendente, si sarebbe potuto prevedere o evitare se il datore avesse adottato misure di prevenzione adeguate (ad esempio segnalando la pericolosità di alcuni impianti). La responsabilità del datore di lavoro viene meno, però, quando l’infortunio sia interamente riconducibile ad una condotta imprevedibile del lavoratore che presenti i caratteri dell’abnormità e dell’inopinabilità assoluta; se il dipendente ha indossato l’attrezzatura anti infortunistica ma poi l’ha tolta nel corso della prestazione lavorativa nessuna responsabilità può essere attribuita al datore di lavoro.
Nel caso in esame la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un lavoratore contro la sentenza con cui i giudici di merito avevano escluso il diritto al risarcimento del danno per l’infortunio nel quale aveva riportato postumi invalidanti. Il sinistro si era verificato quando il lavoratore stava eseguendo una trapanazione durante la quale la punta del trapano utilizzato si era rotta ed una scheggia di metallo aveva colpito l’occhio del lavoratore che, sfuggito alla sorveglianza del capo officina, si era tolto gli occhiali.
Tale comportamento, come si legge nella sentenza, è ritenuto idoneo ad escludere ogni responsabilità datoriale, reputandosi non ragionevolmente pretendibile che la vigilanza dovesse estendersi all’accertamento costante, da parte del datore di lavoro, che venissero osservate le disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro.

Nulli i Crediti formativi per RSPP rilasciati a Convegni con oltre 30 persone?

Segnaliamo una comunicazione della Associazione Ambiente e Lavoro, che, se trovasse riscontro, costituirebbe un importante principio.

A tutti è capitato di partecipare a convegni e seminari, a volte anche presentazioni di prodotti e servizi, che offrivano con l’occasione ore di aggiornamento. Molti di noi sono stati in gradevolissime sedi alberghiere a fare “corsi di aggiornamento” dove c’erano 200 persone. Mentre la discussione è stata per molto tempo incentrata sui corsi di formazione per CSP e CSE, ecco adesso una importante notizia sul fronte ASPP e RSPP.

Secondo questa notizia sarebbero NULLI i Crediti formativi per RSPP rilasciati a Convegni con oltre 30 persone.

Citiamo testualmente il comunicato della Associazione Ambiente e Lavoro.

Sono NULLI i Crediti formativi per RSPP rilasciati a Convegni con oltre 30 persone!

 

In questa direzione, il 18.2.2013, si è espressa ufficialmente la ASL di Bergamo con:

–         comunicazione DIFFIDA ad alcune Associazioni imprenditoriali

–         a rilasciare CREDITI formativi per RSPP per la partecipazione a Convegni con oltre 30 persone !

La DIFFIDA:

– è firmata dalla Dott.ssa Mara AZZI (Direttore generale dell’ASL)

– e reca il Prot. n. 26835 del 18 febbraio 2013.

Ringraziamo la Dott.ssa Mara AZZI per l’importante decisione assunta, destinata a fare scuola in tutta Italia.

La DIFFIDA è stata assunta a seguito di un Esposto – Segnalazione promosso dalla Associazione Ambiente e Lavoro (Prot. n. 031/2013), inviata anche ad altre P.A., al massimo livello istituzionale, per competenza o per conoscenza.

Ora tutti sanno ciò che è sempre stato ovvio per chi era in buona fede:

– sono NULLI i Crediti RSPP (e ASPP) per i Corsi di aggiornamento cui partecipino oltre 30 persone;

e a maggior ragione

– sono NULLI i Crediti RSPP (e ASPP) per i CONVEGNI.

Nel nostro Esposto – Segnalazione riportiamo in dettaglio tutte le motivazioni, che sostengono il divieto di Crediti RSPP oltre le 30 persone, tra cui:

– chi li rilascia lo fa al di fuori delle “norma primaria”, l’art. 32 del D.Lgs. 81/2008, commi 2 e 4, che indica l’obbligo di partecipare a CORSI;

e

– NON indica MAI i CONVEGNI (ovvero Seminari, Forum, ecc.);

ricordando che NESSUNA norma secondaria può modificare gli obblighi di una “norma primaria”.

Oltre alla CIIP, questa coerente ed univoca interpretazione della “norma primaria” è confermata oggi da:

– l’ASL di Bergamo, con questa DIFFIDA;

e prima di essa:

– la Regione Lombardia, con la Circ. 32/San/2006 ed altre precedenti e seguenti;

– il Governo, con la risposta del Vice-Ministro Martone, illustrata alla Camera dei Deputati, il 5 giugno 2012, in risposta alla interrogazione promossa dalla CIIP n. 5-06587, primo firmatario l’On. Antonio Boccuzzi (Commissione Lavoro) e dall’omologo Atto di sindacato ispettivo n. 3-02783 al Senato, primo firmatario il Sen. Paolo Nerozzi (Commissione Lavoro e di inchiesta sugli Infortuni).

 Staremo a vedere e vi terremo informati. Anche perché la pratica è abbastanza diffusa e quindi riguarda direttamente anche noi che abbiamo, in quanto RSPP, un set di 100 (60 + 40) ore di aggiornamento da fare ogni 5 anni.

Radiazioni ottiche naturali

Si è fatto sinora un gran parlare di radiazioni ottiche artificiali (per gli amici: ROA) ma non ci dobbiamo certo dimenticare di quelle di origine naturale (si chiameranno RON?).

Lo spunto per ricordarcelo ce lo da il PAF – Portale Agenti Fisici che in una sua nota richiama l’attenzione sul tema. Sul sito del PAF troviamo numerosi elementi utili per comprendere il problema e adottare le misure di prevenzione e protezione necessarie. http://www.portaleagentifisici.it/fo_ro_naturali_index.php?&lg=IT

“Le più autorevoli organizzazioni internazionali (ICNIRP, ILO, WHO) e nazionali (Istituto Superiore si Sanità) preposte alla tutela della salute e della sicurezza  e gli  studi epidemiologici  condotti in ambito internazionale concordano nel considerare la radiazione ultravioletta solare  un rischio di natura professionale per tutti i lavoratori che lavorano all’aperto (lavoratori outdoor) elencati a titolo indicativo- nelle tabelle 1 e 2, da valutare e prevenire  alla stregua di tutti gli altri rischi (chimici, fisici, biologici) presenti nell’ambiente di lavoro. In particolare per tali lavoratori sono da tempo individuate  e caratterizzate molte patologie fotoindotte,  i cui organi bersaglio sono pelle ed  occhi. La principale patologia fotoindotta è senz’altro il cancro della pelle.”

Quindi, avvicinandosi la bella stagione, valutiamo anche questo aspetto e prepariamo occhiali, abbigliamento adeguato e … creme solari.

Per le ROA ricordiamo che siamo adeguatamente preparati ad effettuare le valutazioni in ambito industriale in diverse attività, tra le quali: saldatura, materiali metalli fusi, lampade IR e UV, sistemi di indagine non distruttiva, eccetera.

Riconoscimento della formazione pregressa per lavoratore proveniente da altra azienda

Dalla entrata in vigore dell’Accordo Stato / Regioni per la formazione di lavoratori, preposti e dirigenti, sono stati attivati numerosi corsi di formazione.
E’ pertanto frequente che venga assunto un lavoratore che ha già fatto, in una precedente azienda, i corsi di formazione per la parte generale e/o per la parte specifica.

Mentre il riconoscimento della formazione per la parte generale è scontata, essendo tali corsi uguali per tutti, per il riconoscimento del “credito formativo” della formazione specifica  serve che il lavoratore resti nel medesimo settore produttivo.
Vi era quindi a nostro parere la necessità di capire se si dovesse intendere come medesimo settore produttivo il settore “macro”, oppure il settore produttivo specifico.

Ecco la risposta, chiara, che ci ha dato Prevenzio.net.

QUESITO 

 Un tecnico di laboratorio ha seguito i corsi di formazione previsti dall’Accordo Stato Regioni nell’azienda in cui lavorava prima (Gruppo C – 20 “Fabbricazione di prodotti chimici”). Ora lavora, sempre come tecnico di laboratorio, in una società del settore farmaceutico (Gruppo C – 21 “Fabbricazione di prodotti farmaceutici”). I corsi che ha già frequentato possono essere ritenuti formazione pregressa valida? In altri termini, quanto indicato nel punto 7, lettera a, primo punto elenco dell’Accordo S/R del 21 dic 2011, ossia “azienda dello stesso settore produttivo cui apparteneva quella di origine o precedente” fa riferimento al “Gruppo” (C in questo caso) o alla “tipologia” (20 e 21 rispettivamente)?

 RISPOSTA

 La formazione pregressa può essere considerata credito formativo utilizzabile anche nella nuova attività lavorativa quando questa appartiene allo stesso settore produttivo di quella precedente (a questo scopo si fa riferimento al Gruppo, C in questo caso).
In ogni caso il datore di lavoro della nuova azienda dovrà assumersi il compito di valutare le eventuali necessità di aggiornare la formazione specifica, sulla base delle pregresse conoscenze acquisite e tenendo conto del quadro di rischio e relative misure di prevenzione presenti nella nuova attività.